Geni si diventa!
Secondo uno studio della Cambridge University il talento senza applicazione non conta nulla, infatti, la genialità sarebbe composta da una scintilla, una buona conoscenza e tanto lavoro. In conclusione questo studio afferma che la genialità non è una dote innata. Per diventare grandi scienziati o grandi musicisti o dei campioni nello sport servono un minimo di predisposizione, ottimi insegnanti, e la ferrea volontà di diventare i migliori. Se siete tra coloro che ammirano sconsolati i capolavori dei grandi, siano essi scrittori, pittori, scienziati, o sportivi, pensando che competere con la loro eccellenza sia impossibile, non disperate perché essere un genio non è solo questione di nascita e quindi di fortuna: la genialità può essere coltivata giorno dopo giorno, lavorando sodo e impegnandosi con dedizione.
Secondo i ricercatori della Cambridge University le capacità straordinarie degli individui comunemente ritenuti dei geni, non sono un dono caduto dal cielo, ma il frutto di una accurata combinazione di doti personali, istruzione di altissimo livello, e ore di studio e applicazione. E questi individui non devono necessariamente avere un quoziente intellettivo fuori dal comune, quanto degli ottimi insegnanti, un ambiente che li stimoli a migliorarsi continuamente, e soprattutto una voglia di impegnarsi che non si fermi davanti a niente.
Lavoro! Lavoro! Lavoro!
Sebbene quindi nessuno può negare che alcune persone siano più predisposte o dotate di altre in alcune discipline, ciò che fa la differenza è l’impegno profuso nel raggiungimento di risultati straordinari. Stephen Hawking, uno dei più grandi fisici al mondo, esplicitò le proprie capacità solo attorno ai 25 anni, quando iniziò a occuparsi in modo quasi ossessivo di buchi neri, assieme al fisico Penrose.
Il cervello, quindi, deve essere sottoposto ad un vero e proprio allenamento: in una ricerca del 2000 si è evidenziato come la ripetizione continua di una medesima lezione incrementi il numero e la robustezza delle connessioni nervose associate alla memoria. Uno studio ininterrotto e mirato serve quindi a costruire una vera e propria rete neurale della conoscenza.
La regola del “dieci”
Tutte queste ricerche hanno portato all’ introduzione di una specie di “regola del dieci”: si è scoperto che i “geni” lavorano duramente per almeno dieci anni prima di essere riconosciuti come fuoriclasse nella propria disciplina. Mozart, ad esempio, sebbene a 7 anni scrivesse già sinfonie, non produsse nulla che lo rese famoso prima dell’adolescenza.
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