Amore, che sofferenza!
Perché il “mal d’amore” ci procura tante sofferenze?
Dall’ antichità fino ai nostri giorni non è cambiato molto in tema di sofferenza d’amore. Ma perché chi soffre d’amore va incontro a sofferenze fisiche e emotive, anche a rischio della salute? E perché questo è valido per tutti, dalle persone più emotive a quelle più razionali? È abbastanza recente la scoperta che essere lasciati attiva le stesse aree cerebrali del dolore fisico, ovvero la corteccia cingolata anteriore. Ma perché il nostro cervello considera equivalenti il dolore sociale e quello fisico? Perché anche l’esclusione sociale può essere pericolosa per la nostra sopravvivenza. Infatti da piccolo l’uomo necessita dei genitori per avere cibo e protezione e da adulti essere esclusi dal gruppo può essere altrettanto pericoloso, in una società di cacciatori- raccoglitori quali eravamo agli albori della civiltà. Perciò, la rottura dei rapporti va evitata proprio come i dolori fisici, perché nella nostra memoria ancestrale avvertiamo che mette a rischio la vita.
Siamo “drogati” d’amore?
L’amore romantico è una delle droghe più potenti al mondo, e quando l’amore finisce crea una vera e propria crisi d’astinenza, dovuta – come nelle droghe- alla mancanza di piacevoli sostanze chimiche prodotte dal cervello per premiarci e tenerci legati ad un partner. Allora arriverà prima o poi una pillola contro il mal d’amore? Forse. Ma non sostituirà la riflessione sugli errori che hanno portato alla rottura sentimentale. Allora come si può riuscire in questo? Per alcuni psicologi, tra cui Jonathan Gottschall visto che il mal d’amore è un dolore sociale, la cura più efficace consiste nel rafforzare altri legami sociali (famiglia, amici etc…). È il miglior modo per contrastare quell’ allarme primordiale che fa sentire l’esclusione come una minaccia di morte.
Il più grave errore che si può fare, infatti, è quello di tenersi tutto dentro. Ma se la vicinanza di amici e parenti non basta, e la persona non riesce a riprendere il lavoro e i rapporti sociali per più di un mese, bisogna chiedere aiuto a uno psicologo/psicoterapeuta. Meglio se specialista in terapia cognitivo-comportamentale che punta a modificare i comportamenti scorretti per ristrutturare la mente. Prima di tutto bisogna lavorare sull’ autostima poiché l’abbandono deprime perché induce a un eccesso di autocritica, quindi bisogna ricordare a se stessi quanto di buono si è stati, e si è ancora, capaci di fare. È importante lavorare anche sulle emozioni, imparare a riconoscerle, poiché spesso si scambia un emozione per un’altra: il paziente dice di essere arrabbiato, ma in realtà l’emozione originaria è la tristezza ed è con questa che deve lavorare. Inoltre bisogna far emergere le convinzioni catastrofiche (“Senza di lei non posso più vivere”), e i comportamenti che possono ritardare l’elaborazione, come continuare a guardare il profilo Facebook dell’ex per vedere se nel frattempo sta con un’altra persona. L’importante è riconoscere il dolore e ridimensionare le emozioni.
Ma un nuovo partner può aiutare a uscire dalla crisi? No, non si può eliminare un’emozione con un’altra emozione. Si può passare ad un’altra storia solo dopo aver rielaborato la storia finita, altrimenti si rischia di rifare gli stessi errori.
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