DISTURBI ALIMENTARI: cosa hanno in comune?

disturbi alimentari

I disturbi alimentari più comuni sono l’anoressia  nervosa, la bulimia nervosa e il disturbo da alimentazione  incontrollata. I disturbi alimentari sono un modo per comunicare sofferenze e paure. Perdite affettive importanti, abbandoni, abusi e traumi infantili: il cibo diventa l’anestetico che permette di non sentire la sofferenza, un’auto-cura per non pensare. In questo modo, però, il dolore permane e la vita non viene vissuta. Questi disturbi non devono essere scambiati per malattie dell’appetito. Sono, infatti, disagi psicologici profondi. Attraverso il rapporto con il cibo – negato, cercato e rifiutato, o ingerito in quantità smodata – esprimono in modi diversi uno stesso bisogno: una disperata fame d’amore.

Secondo il modello di Christopher Fairburn questi Disturbi sono essenzialmente “disturbi cognitivi” in quanto condividono un “nucleo psicopatologico” caratterizzato dall’eccessiva valutazione della forma del corpo e del peso e del loro controllo. Mentre la maggior parte delle persone si valuta sulla base delle proprie prestazioni percepite in una varietà di aree della vita (p. es., la qualità delle proprie relazioni, le prestazioni professionali, le abilità sportive), i soggetti con Disturbo dell’Alimentazione presentano una valutazione di sé centrata principalmente o esclusivamente su peso e forma del corpo e sulla propria capacità di controllarli. Questo aspetto psicopatologico è peculiare dei soggetti con questi disturbi ed è identico nelle femmine e nei maschi, negli adolescenti e negli adulti. L’eccessiva valutazione della forma del corpo e del peso deve essere distinta dall’insoddisfazione per la propria forma fisica, che si riferisce al non apprezzare il proprio aspetto. Al contrario dell’eccessiva valutazione della forma del corpo e del peso, l’insoddisfazione per la forma del corpo è largamente diffusa nella popolazione generale e la sua presenza è talvolta ascrivibile ad un “normale malcontento” e non ad aspetti psicopatologici.

La maggior parte delle pazienti con questa psicopatologia è molto preoccupata del proprio peso; molte si pesano frequentemente e di conseguenza si preoccupano anche per le più piccole variazioni, altre invece evitano volontariamente di conoscere il proprio peso per allontanare la preoccupazione che, ciononostante, permane. Un comportamento simile si riscontra nei confronti della forma del corpo, molte pazienti infatti controllano e scrutano ripetutamente il proprio corpo, focalizzandosi sugli aspetti che non amano, mentre altre evitano volutamente di guardarsi ritenendosi grasse e disgustose (denigrazione dell’immagine corporea). Questi controlli ed evitamenti tendono a mantenere l’eccessiva attenzione sul corpo e sul peso: molti soggetti con Disturbi Alimentari confrontano costantemente la forma del corpo con quella delle altre, e lo fanno per avere conferma di non essere attraenti. Molte sono spaventate dall’aumento di peso e dalla presenza di grasso; la sensazione di essere grasse spesso le porta a pensare di essere realmente grasse, nonostante la loro oggettiva magrezza. Ovviamente, queste preoccupazioni sull’aspetto hanno un profondo effetto sul funzionamento sociale e sulle relazioni intime. La socializzazione può essere difficile o al tempo stesso evitata; spogliarsi di fronte agli altri può risultare impossibile, e molte pazienti non gradiscono che il loro corpo venga toccato.

La terapia cognitivo-comportamentale ha mostrato negli anni di utilizzare delle strategie molto valide per modificare il nucleo patologico comune a tutti i disturbi alimentari.

Alessandro Centini

Psicologo-psicoterapeuta