Descrizione della schizofrenia
La schizofrenia deriva dal termine coniato dallo psichiatra svizzero Eugene Bleuler che significa letteralmente “mente divisa” ed è un disturbo psicotico molto grave: chi ne è affetto diventa del tutto indifferente a ciò che accade, reagisce in modo assurdo o incoerente agli eventi esterni, perde il contatto con la realtà e si isola in un mondo suo proprio, incomprensibile agli altri. A causa della sua caratteristica destrutturante della personalità, la schizofrenia compromette tutti gli aspetti della vita del soggetto, sconvolgendo profondamente la sua rete relazionale e, quindi, coinvolgendo anche il nucleo familiare.
I sintomi psicotici possono essere raggruppati in tre dimensioni principali:
- La prima dimensione fa riferimento ad una trasformazione della realtà; sul piano clinico si manifesta con l’ampia gamma dei sintomi positivi (deliri e allucinazioni);
- La seconda dimensione è rappresentata dall’impoverimento ideoaffettivo e si esprime sul piano clinico con i sintomi negativi (anaffettività, abulia, apatia, ritiro sociale, pianificazione degli scopi pressoché assente);
- La terza dimensione è rappresentata dalla disorganizzazione, con alterazioni linguistiche e di ragionamento che appare illogico e caotico (sintomi cognitivi).
Incidenza della schizofrenia
La schizofrenia sembra avere un tasso di prevalenza dello 0,7%, che varia considerevolmente con le culture. Gli uomini hanno un rischio più alto rispetto alle donne di sviluppare il disturbo e tendono a svilupparlo più precocemente. Nascere o risiedere in un contesto urbano è associato ad un più alto rischio di sviluppare il disturbo. La schizofrenia è anche associata a un aumento della mortalità: è stato stimato che il 5,6% degli individui diagnosticati con schizofrenia muore suicida, con il periodo di maggior rischio nella prima fase della malattia.
Inoltre ottant’anni di ricerca indicano che è altamente ereditaria: in coppie di gemelli identici, se un gemello ha la schizofrenia, l’altro ha quasi il 50% di probabilità di svilupparla a sua volta. Il rischio è associato anche a complicanze ostetriche: il secondo trimestre di gravidanza è particolarmente cruciale per il neurosviluppo, e vi è la prova che danni in questa fase di sviluppo raddoppino approssimativamente il rischio di una progenie che sviluppa schizofrenia. Anche l’uso di cannabis durante l’adolescenza aumenta dalle due alle tre volte il rischio di un successivo sviluppo di psicosi. Altri studi suggeriscono che malfunzionamenti e anomalie cerebrali potrebbero rendere vulnerabili geneticamente a questo disturbo.
Trattamento della schizofrenia
L’evoluzione delle terapie di tipo cognitivo per il trattamento della schizofrenia si è avuta in un periodo cruciale nella storia delle terapie psichiatriche, caratterizzato da un netto progresso delle conoscenze sul funzionamento neurocognitivo e sulle tecniche di trattamento delle psicosi. Sebbene a partire dal concetto di demenza praecox di Kraepelin (1919) si sia tentato di individuare una disfunzione cerebrale che spieghi l’eziologia della schizofrenia, tale approccio si è dimostrato riduttivo. Numerose ricerche di tipo genetico, farmacologico, neurofisiologico dimostrano chiaramente l’importanza dei fattori biologici nelle psicosi, ma tali fattori non sono di per sé sufficienti a spiegarne l’eziologia; per comprendere meglio l’insorgenza ed il decorso dei sintomi psicotici è necessario prendere in considerazione come anche fattori psicologici e sociali interagiscano con una predisposizione biologica.
Il trattamento della schizofrenia non può limitarsi ad affrontare in modo riduzionistico una sola componente del disturbo, ma deve orientarsi verso un approccio biopsicosociale integrato, che comprenda aspetti farmacologici, psicoterapici e riabilitativi e tenga conto di una molteplicità di aree d’intervento (individuali, familiari e sociali). I farmaci antipsicotici, per esempio, anche se efficaci, hanno importanti limitazioni: molti pazienti continuano ad esperire debilitanti sintomi residui, nonostante l’assunzione di dosi appropriate e molte delle caratteristiche più disabilitanti della schizofrenia sono relativamente poco modificate dai farmaci (sintomi negativi, danno funzionale e funzionamento neurocognitivo inadeguato). Queste limitazioni, combinate con la scarsa qualità di vita della maggior parte degli individui con schizofrenia, hanno portato allo sviluppo dell’uso della terapia cognitiva come trattamento aggiuntivo per questi individui.