Quando le nostre emozioni, le nostre paure, provocano una sofferenza che diventa invalidante, nociva per il nostro benessere e non riusciamo ad uscirne da soli, quando queste sensazioni sono troppo intense e durature, possiamo considerare l’eventualità di affidarci ad un professionista.
Come facciamo a capire quale terapia scegliere?
Tra le varie e numerose psicoterapie quella cognitivo-comportamentale (Cognitve Behavioural Therapy) è, sicuramente, uno degli approcci psicoterapici più diffusi ed è attualmente considerata una delle più affidabili ed efficaci terapie per il trattamento di diversi disturbi psicopatologici.
I primi sviluppi risalgono alla seconda metà del 20° secolo e hanno come sorgente fondamentale il lavoro di Aaron Beck. Il modello cognitivo si basa sul presupposto che vi è una stretta relazione tra pensieri, emozioni e comportamenti e che i problemi emotivi sono influenzati da ciò che pensiamo e facciamo nel presente. La ricerca scientifica, infatti, ha dimostrato che le nostre reazioni emotive e comportamentali sono determinate dal modo in cui interpretiamo le varie situazioni, quindi dal significato che diamo agli eventi. La psicoterapia cognitivo-comportamentale (CBT) si propone, di conseguenza, di aiutare i pazienti ad individuare i pensieri ricorrenti e gli schemi disfunzionali di ragionamento e d’interpretazione della realtà, al fine di sostituirli e/o integrarli con convinzioni più funzionali. Al modello cognitivo si aggiunge quindi anche un modello di matrice comportamentale che serve ai pazienti a modificare il legame tra le situazioni che creano difficoltà e le reazioni emotive abituali e lo fa attraverso l’apprendimento di nuove strategie a livello di reazioni.
Quali sono le caratteristiche che differenziano la psicoterapia cognitivo-comportamentale dalle altre?
Innanzitutto si tratta di una terapia scientificamente fondata: la CBT ha dimostrato risultati basati su studi scientifici, efficaci per quanto riguarda la maggior parte dei disturbi psicologici, mostrando inoltre una validità superiore o almeno uguale, a quella degli psicofarmaci. È stato anche provato che questo tipo di terapia è efficace indipendentemente dal livello di istruzione, stato sociale e reddito della persona che richiede il trattamento. Lo psicoterapeuta decide la terapia da seguire concordandola, per quanto possibile, con il paziente, scegliendo quella più confacente alle sue esigenze. E’ una terapia centrata sul “qui ed ora”: non si usano, se non in casi sporadici, sogni o esperienze del passato. Quello che conta sono le risorse del paziente stesso e il suggerimento di strategie che mirano a superare il problema nell’immediato futuro. Il paziente deve capire come uscire dalla sua “trappola”, non deve necessariamente sapere come ci è entrato. La CBT è una terapia collaborativa e a breve termine, infatti la durata della terapia varia di solito dai quattro ai dodici mesi, a seconda del caso, con cadenza il più delle volte settimanale. Problemi psicologici più gravi, che richiedano un periodo di cura più prolungato, traggono comunque vantaggio dall’uso integrato della terapia cognitiva, degli psicofarmaci e di altre forme di trattamento.
Questi sono i disturbi nei confronti dei quali è stata dimostrata scientificamente la validità della terapia cognitivo-comportamentale: la depressione, l’ansia, gli attacchi di panico, il disturbo ossessivo-compulsivo, le fobie, i disturbi del comportamento alimentare (anoressia, bulimia, obesità psicogena), le forme di stress post-traumatico (trauma emotivo e fisico/sessuale), i disturbi del sonno, i disturbi da dipendenza da alcool, droghe, affettiva, sessuale e da internet, le disfunzioni sessuali, i problemi di coppia, i disturbi di personalità e, combinata alla somministrazione appropriata di farmaci, il disturbo bipolare e la schizofrenia.