Ipocondria: paura di ammalarsi che diventa ossessione
Ipocondria deriva dal termine greco hypochondrion , con cui i Greci definivano la parte superiore del ventre posta sotto (hypo) la cartilagine costale (chondros): lì ci sono a destra fegato e cistifellea, al centro stomaco e apparato digerente e a sinistra la milza; e poiché vi si concentrano la maggior parte dei dolori, lì si pensava avesse sede la malattia.
Oggi, chi più chi meno, siamo tutti ipocondriaci. Almeno un quarto delle persone che si recano in ambulatorio ci va senza una causa medica identificabile e circa il 12% della popolazione soffre di qualche tipo di “paura della malattia”. Inoltre la tecnologia ha peggiorato la situazione perché ha amplificato le paure. Infatti ora ci sono app che ci danno informazioni sulla distribuzione geografica dei rischi di malattia o su epidemie planetarie. Poi ci sono sistemi di misurazione ormai alla portata di tutti come l’orologio con cardiofrequenzimetro. E qualche responsabilità ce l’hanno anche i mass media, soprattutto i programmi TV che si occupano di salute. Pensate che su Facebook c’è la community “Diario di un ipocondriaco” che ha oltre 55mila seguaci. I medici di pronto soccorso definiscono “frequent flyer” dell’ipocondria i frequentatori regolari, che vanno almeno una volta alla settimana e ogni volta con un’autodiagnosi diversa , tutte molte specifiche. Queste persone non dicono di avere mal di pancia, ma di avere un tumore del lobo sinistro del fegato oppure la diarrea diventa morbo di Crohn; questa precisione è il risultato dei vagabondaggi su Google.
Cause dell’ipocondria
A volte questa paura delle malattie nasce dalle continue apprensioni ipocondriache materne (“Copriti bene; mettiti la sciarpa se non vuoi un mal di gola”), oppure basta un errore di diagnosi in famiglia per non fidarsi più dei medici. Talora l’ipocondria è passeggera, legata al mestiere: quasi tutti gli studenti di medicina ne soffrono. Alcuni ipocondriaci sono in grado di controllare gli attacchi d’ansia, altri invece no e questo disturba enormemente la loro qualità di vita. Di loro parla il Dsm 5, la bibbia della psichiatria contemporanea, il quale afferma che se la paura di una malattia dura da più di 6 mesi, il disturbo non si chiama più ipocondria, ma “disturbo da sintomi somatici”: colpisce il 5-7% della popolazione, più le femmine che i maschi. Tra questi c’è chi si sveglia di notte pensando di avere un infarto, chi non dorme tutta la notte perché ha un po’ di tachicardia e pensa che morirà nel sonno o chi, nonostante gli esami ripetutamente negativi è convinto di avere una malattia grave e vaga tra i vari centri alla ricerca di un medico abbastanza bravo da confermare le sue certezze. Dice un proverbio yiddish: “una malattia immaginaria è peggio di una malattia”.
Terapia dell’ipocondria
Nel caso del disturbo da sintomi somatici non si tratta di immaginazione, ma di una vera e propria malattia psicologica. Per quanto riguarda la terapia le maggiori istituzioni sanitarie internazionali concordano che la più efficace sia la psicoterapia cognitivo-comportamentale, ma il Servizio sanitario italiano non la offre. In alternativa ci sono gli ansiolitici, che però agiscono solo momentaneamente sul sintomo, senza eliminare il problema a lungo termine.
Attenzione però, perché l’ipocondriaco ha ragione almeno una volta nella vita. Dice l’epitaffio sulla tomba del commediografo Spike Milligan, anche lui appartenente alla categoria: “Te l’avevo detto che ero malato (I told you I was ill)”.
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