Violenza sulle donne: basta!
L’altra settimana è stata la loro festa, ma ancora troppe donne sono vittime di violenze. E’ di qualche settimana fa la notizia di cronaca del carabiniere di Cisterna di Latina che prima ha sparato alla moglie da cui si stava separando, poi ha ucciso le figlie e infine si è suicidato. Questo è solo l’ultimo di una serie di omicidi perpetuati nei confronti delle donne, molto spesso da parte dei loro partner o ex partner, che ritengono che le donne siano una loro proprietà. Questi omicidi sono solo la punta dell’iceberg, ciò che ci è dato sapere, ma ci sono tantissime donne che sono vittime quotidiane di maltrattamenti e abusi, soprattutto dentro le mura domestiche. Naturalmente questo è un fenomeno che è sempre esistito, nonostante oggi riempie le pagine di cronaca, perché a livello culturale la donna è sempre stata considerata un gradino sotto l’uomo. Basti pensare che in passato esisteva il “delitto d’onore”, cioè la possibilità di ottenere uno sconto di pena per un uomo che aveva ucciso una donna, il cui comportamento si poteva considerare“disonorevole”.
Di solito prima che una donna si ribelli alle violenze passano molti anni, anni in cui spesso la donna ignora più o meno consapevolmente i segnali d’allarme, confondendo un partner violento e pericoloso con un uomo che ha solo un carattere difficile e dove c’è l’idea che l’amore vincerà su tutto. Da parte sua il partner maltrattante mette in atto un’opera di manipolazione che porta la donna a sentirsi inadeguata, colpevole delle reazioni violente del partner, con sensi di colpa e vergogna per non riuscire a fermare la situazione e in ansia per le condotte violente di cui è vittima. Il tutto è intensificato dall’isolamento sociale in cui spesso la donna si ritrova perché il partner violento le fa chiudere tutti i rapporti con amici, familiari e colleghi, così da consolidare il proprio potere e controllo sulla vittima.
Si può individuare una vera e propria “spirale della violenza” dove dopo un periodo più o meno idilliaco nella coppia subentra una prima fase di tensione dove l’uomo mostra i primi segnali di aggressività, limitandosi a violenze soprattutto verbali. La donna in questa fase cerca di avere un atteggiamento calmo per paura di alimentare ulteriori provocazioni. Poi le violenze aumenteranno finché l’uomo si pentirà promettendo di non essere più violento. Dopo la breve fase di “luna di miele”, l’uomo ritorna a colpevolizzare la donna per le proprie reazioni e così la spirale ricomincia.
La violenza è una dinamica relazionale in cui qualcuno ha il controllo sull’altro grazie alla messa in atto di strategie di sottomissione (aggressioni, privazioni, controllo, punizioni etc…). Queste strategie hanno l’effetto di mantenere la vittima sempre focalizzata sul persecutore, infatti è espropriata del proprio sé e della propria capacità di giudizio rispetto agli eventi nella quale è coinvolta. È per questo che spesso le vittime rifiutano un aiuto dall’esterno, fino a suscitare in chi tenta di aiutarle sentimenti di rabbia, ma bisogna ricordare che si tratta di persone che hanno subito un processo di trasformazione profondo e sono state isolate a lungo.
Quando finalmente decidono di denunciare, però, dovrebbero ricevere i giusti aiuti e questo purtroppo, spesso non accade. Le forze dell’ordine a volte sottovalutano il pericolo e a volte si trovano impotenti di fronte a queste situazioni a causa di leggi che non proteggono a fondo la vittima. Così la donna è costretta a subire un ulteriore smacco e abbandono. Invece schierarsi sempre contro la violenza e proteggere la vittima deve essere il punto di partenza per tutti. Poi la donna potrà essere indirizzata in centri antiviolenza, dove potrà cominciare un percorso per la riappropriazione di sé e riprendersi la sua vita.
Alessandro Centini
psicologo-psicoterapeuta
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