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Come gestire la paura dopo Parigi?

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Dopo gli attentati di Parigi, non solo per i familiari delle vittime, ma per la popolazione europea in generale ci sono state conseguenze psicologiche rilevanti, ed è apparsa  una paura che si manifesta anche nei comportamenti quotidiani e rischia di condizionare la nostra vita. I continui allarmi correlati alla paura di essere vittime di un attacco terroristico sembrano aumentare le risposte cariche di tensione, addirittura i comportamenti isterici (l’ultimo episodio si è verificato alla stazione Termini di Roma). Ciò crea sempre più ansia, paura e insicurezza, creando vissuti d’impotenza e facendoci percepire il mondo esterno sempre più incontrollabile. Il tutto è unito alla sensazione che lo Stato non dia risposte ai continui furti, alle violenze private, alla presenza di immigrati e nomadi nelle nostre città, fonte continua di tensione.

Per la maggior parte delle persone queste conseguenze psicologiche sono lievi e non durano tanto, quindi si riducono velocemente senza bisogno di un aiuto psicologico, mentre per altri no. Ed anche se, dopo gli attentati di Parigi i problemi psicologici non saranno l’argomento principale da affrontare, bisognerà comunque tenerli in considerazione per ridurre la percezione di vulnerabilità e fragilità e riportare alla normalità persone colpite nella mente.

Come possiamo affrontare questa paura?

Qui entra in gioco la psicologia dell’emergenza, che rappresenta la comprensione dei processi psichici che interessano le persone e i gruppi coinvolti direttamente e indirettamente in incidenti stradali, aggressioni, disastri, atti terroristici e risulta una priorità per prevenire i comportamenti rischiosi, soccorrere le persone in crisi, ricostruire e riparare i traumi. In Italia si è sviluppata soprattutto dopo il terremoto dell’Aquila e si è diffusa, anche a livello culturale e di opinione pubblica, una buona sensibilità verso gli aspetti emotivi, cognitivi e sociali, coinvolti nelle dinamiche interpersonali in emergenza.

Già prima degli attentati di Parigi era aumentata la diffidenza interpersonale ed era diminuita la disponibilità a frequentare luoghi pubblici, ma dal giorno dell’attentato di Parigi c’è stato un aumento di queste reazioni di chiusura. Queste reazioni si possono considerare una prima vittoria dei terroristi? No, si tratta di una reazione fisiologica, e come tutte le reazioni di questo tipo hanno una fase di apice ed una di calo.

È opportuno per tutti alzare la nostra consapevolezza e la vigilanza di ‘una tacca’. In una scala da 1 a 10, una tacca è un buon passo ma non così stravolgente. Alzarlo fino alla tacca numero 10 è eccessivo perché non corrisponde alla realtà, così come è eccessivo far finta che nulla sia accaduto, ma è importante concentrarsi sulle risorse positive anche in termini di fiducia verso gli altri. Un conto è la sana preoccupazione, la presa di coscienza di ciò che è accaduto, un conto è invalidare tutta la propria vita a fronte di ciò che è successo, rimanendo incastrati in pensieri negativi e incapacità di reagire.

Dott. Alessandro Centini

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